La giornata nel Vajont si è conclusa con la visita di Erto, paese del Friuli Venezia Giulia, colpito dalla costruzione della diga e dal disastro del 9 ottobre 1963. Dopo una sosta culinaria all'Osteria della Diga, lungo la strada principale di collegamento al Vento, che offre prodotti tipici a prezzi economici. Ottimo servizio e locale carino, dotato di una bibliotechina. Se Longarone, ormai interamente ricostruita, sembra una cittadina "sterilizzata", dove tutto è nuovo e funzionale; il villaggio montano porta ancora le cicatrici del passato.
Erto, insieme alla vicina Casso, non è stata rasa al suolo dall'onda d'acqua, ma è stata distrutta lentamente sin dall'inizio della costruzione dell'opera ingegneristica. Terreni coltivati, pascoli e case sono state confiscate ai due comuni arroccati sui monti per far spazio all'acqua che si è inghiottita tutto.
Non sono servite a niente le forme di ribellione del popolo ertano e le loro rimostranze sono state liquidate con poche lire. La storia si ripete dopo il 9 ottobre, quando le cittadine friulane vengono colpite in maniera "marginale" dalla catastrofe. Eppure erano anni che si denunciavano frane, terremoti, strani rumori in corrispondenza del bacino artificiale.
Gli ertani sapevano e la loro rabbia è testimoniata dalle scritte su muri di case ormai senza padrone. Gli edifici in pietra lasciati al degrado del tempo lasciano intravedere la bellezza di un paese di lavoratori e la bruttezza della sordità di chi poteva evitare il disastro, ma non ha ascoltato.
se c'è qualcosa che può sostituire l'amore, questa è la memoria
j.brodoskij
(citazione letta su un muro di Erto)
Foto di F. Bartolini
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